Il cimitero di S. Spirito nel 1882

In occasione dell’VI centenario del Vespro Siciliano nel 1882, la casa editrice Fratelli Treves di Milano pubblicò un piccolo volume dal titolo “Sicilia-Vespro” con vari scritti di uomini illustri dell’epoca, come Giuseppe Pitrè, Giuseppe Patricolo o ancora Giovan Battista Filippo Basile. Il volume è stato ripubblicato nel 1982 dall’editore Vittorietti a cura di Rosario La Duca.

Fra i vari scritti si trova una descrizione del cimitero di S. Spirito redatta da Malato Todaro.

ARMONIE E DISSONANZE NEL CIMITERO DI S. SPIRITO

La tendenza al bello, al soave, al gentile in noi è così forte ed invitta, che desideriamo adorni e fulgenti di poesia perfino i luoghi destinati a riposo delle nostre reliquie. E il cimitero di Santo Spirito, o di Sant’Orsola, come il popolo suol chiamarlo, avrebbe potuto, e forse potrebbe ancor soddisfare quel legittimo desiderio. Siede alla sponda sinistra del fiume Oreto, in mezzo a’cedri e agli aranci, ad un chilometro dalla città, che gli resta da tramontana, a pari distanza dalla marina, onde gli giunge la quotidiana benedizione de’ primi raggi del sole, a due da Gibilrossa, i cui echi montani ripetono e ripeteranno maisempre la parola di Garibaldi: – Domani a Palermo! –

Un diritto, largo e lungo viale divide il terreno, tutto a mattoni sbiaditi e alquanto logori dalle pioggie e dal tempo, e scompartito orizzontalmente da assai filari di alti e annosi cipressi. Luogo di grandi e tristi memorie! Qui, sotto gli alberi luttuosi, i morti del XXXVII (ventiquattro mila in quaranta giorni), lì, in fondo al viale, a sinistra del conventino, il celebre tempio de’ Vespri, ora quasi ridotto a’ primitivi sembianti. E le due ricordanze, nonché ripugnare, s’accordano armoniose; perché dove l’ira d’un popolo, offeso ne’ suoi diritti, nella dignità e nell’onore delle sue donne, s’accese e divenne incendio rovinoso e indomabile, non è inutile il testimonio d’una calamità senza esempio, l’ecatombe di quasi un popolo, che da’ tumuli prega e domanda: pace!

Ma i due ricordi, le due note armoniose sono turbate e offese da sgradevoli dissonanze: monumenti barocchi, innalzati da eredi vanitosi e sciocchissimi; iscrizioni goffe e bugiarde, catapecchie mortuarie, per entro a cui l’immaginazione, superando l’ostacolo delle porte, rimira teschi, stinchi, tibie e scheletri in piedi: sconcezze, che attestano la goffa barbarie de’ reggitori del mesto luogo e la noncuranza del magistrato municipale.

Ma se hai cuore e fantasia di poeta, o visiti il camposanto a lume di luna, quelle dissonanze si annullano, i due ricordi regnano soli, e l’armonia di quelle note amiche ritorna schietta e grandeggia; se pure non la fanno più cara all’anima lo stormir delle fronde, l’abbaiare dei cani e i lamenti innamorati d’un usignolo.

in VII Centenario Sicilia Vespro 1282-1982, a cura di R. La Duca, Vittorietti Editore, Palermo 1982, p. 10

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