Il giornalista e scrittore francese Roger Lambelin (1857-1929) pubblica nel 1894 il suo diario di viaggio, La Sicile, notes et souvenirs, in cui descrive la sua visita nell’isola e in particolare a Palermo dove sbarca nel mese di febbraio. Anche se il suo viaggio avviene nello stesso periodo di quello di Douglas Sladen, contrariamente all’autore inglese, resta incantato dal cimitero di Santa Maria di Gesù e, rimasto colpito da un’iscrizione funebre, ricostruisce la tragica storia di una famiglia francese:
Un cimitero formato da terrazze su più livelli precede la piccola chiesa e le modeste costruzioni contigue. Questo luogo di riposo non è senza analogia con quello di San Miniato, che domina Firenze e la graziosa vallata dell’Arno.
Monumenti in marmo guarniscono i primi livelli; sono urne, colonne monche, piramidi ai piedi delle quali sono appoggiate donne sconsolate, i cui tratti sono nascosti da un leggero velo di pietra; a volte il busto del defunto sovrasta la tomba e i suoi meriti sono incisi sul piedistallo in termini ditirambici. Dei cespugli di rose e lilla costeggiano i viali del cimitero, e il profumo che emanano è delizioso. L’immagine della morte non ha niente di spaventoso in questo quadro poetico, sotto questo cielo puro, davanti a questo mare azzurro, all’ombra di questa montagna dorata; e non concepisco che i Palermitani, che qui avrebbero potuto dormire il loro ultimo sonno, abbiano preferito veder essiccarsi i propri scheletri nelle orrende catacombe dei Cappuccini.
Al livello seguente, noto una serie di piccole cappelle circondate da cipressi formando cripte di famiglia; lo stile è variegato, ma i rosoni di mosaico e i rivestimenti con marmi dai colori accesi non sono sempre di gradevole gusto. Salgo gli ultimi gradini e raggiungo la terrazza superiore. Il pavimento scompare interamente sotto le tombe giustapposte, tombe modeste, senza alcun rilievo, che sembrano abbandonate per sempre dai parenti e amici dei defunti. Ci si deve abbassare per decifrare le iscrizioni cancellate a metà dai passi dei vivi; una di queste, redatta in francese, trattiene a lungo il mio sguardo. Il foglio sul quale l’avevo trascritta è andato perduto, la cito a memoria:
QUI RIPOSANO / JEANNE DE V…, NATA IL…, MORTA A 28 ANNI / IL 10 MAGGIO 1873 / E / ANNE-MARIE DE V…, MORTA A 6 ANNI / IL 20 MAGGIO 1873. / IL LORO MARITO E PADRE INCONSOLABILE / VI CHIEDE DI / PREGARE PER IL RIPOSO DELLE LORO ANIME
Il vecchio monaco che mi accompagna nota la mia emozione; guardiano del cimitero da una trentina di anni, ha visto passare tanti cortei funebri su queste lapidi di marmo, ma si ricorda quel “signor francese” che, due volte nell’arco di dieci giorni, ha scalato i gradini di questo doloroso calvario ed è venuto a deporre all’ombra della chiesetta sua moglie e la sua bambina. La colonia straniera di Palermo si associò con pietà al lutto del nostro compatriota e ne conserva ancora il ricordo. Ho potuto ricostituire questa crudele storia: Lui, gentiluomo bretone, era un ufficiale durante l’anno terribile. Gravemente ferito a Sedan, fu fatto prigioniero e incarcerato in una cittadella della Pomerania.
Lei, graziosa giovane donna bionda, si ammalò gravemente a casa dei suoi genitori quando venne a sapere del ferimento del marito. Durante due lunghi mesi restò senza notizie; poi scoprì che era vivo e partì con la figlia per ritrovarlo in Germania.
La stanchezza del viaggio durante il più rigido degli inverni, le angosce e le inquietudini la debilitarono e quando, nella primavera del 1871, tornarono tutti e tre in Francia, lei aveva già contratto il germe della malattia di petto che doveva rapirla.
Lui era guarito. Non esitò a stroncare la sua carriera e diede le dimissioni da ufficiale. Andarono a vivere a Mentone, in una bella villa rosa, e circondò sua moglie di così tante cure, le diede prove così toccanti del suo amore e della sua volontà di guarirla, che il male sembrò indietreggiare. Ma la piccola Anne-Marie cominciò anche lei a tossire, le sue guance persero poco a poco i loro colori, i suoi occhi azzurri s’illanguidirono e una pleuresia si manifestò. L’estate fu clemente per le due malate ma quando le foglie cominciarono a cadere, i medici consigliarono a M. de V… di cercare per i suoi un clima più mite e un sole più caldo. Si imbarcarono per la Sicilia e passarono l’inverno a Palermo. Jeanne e sua figlia riprendevano forze; passavano lunghe ore con M. de V… sotto le pergole del Giardino inglese, e appena di tanto in tanto una piccola tosse secca interrompeva le loro tenere conversazioni. Il primo giorno di maggio, andarono a portare fiori nella chiesa di San Giuseppe in onore della Vergine Maria; l’indomani lo scirocco soffiò in tempesta e la “pioggia rossa” cadde dal cielo. La temperatura si alzò repentinamente e le persone in perfetta salute si sentivano oppresse e affaticate… Jeanne e Anne-Marie si misero al letto; il male che squarciava il loro petto si sviluppò rapidamente e M. de V…, folle di dolore, dovette condurre le care amate verso la bella collina dove i Minoriti hanno posto il convento di Santa Maria di Gesù…
Sfoglio sulla loro tomba le rose bianche che mi ha regalato un pastorello mentre varcavo la cancellata del cimitero, e visito velocemente la chiesa, imbiancata con calce, dove si notano vestigi ben visibili di pitture murali che la adornavano nel Quattrocento. Le sculture della porta centrale sono curiose e, in una cappella contigua, dedicata a San Bernardino da Siena, mi viene mostrato un affresco attribuito al beato Lorenzo da Palermo.
La fontana marmorea di fronte alla chiesa è finemente scolpita: è il viceré duca d’Alcala che ne fece dono al monastero nel 1634.
Prima di scendere i gradini della terrazza contemplo ancora il panorama di Palermo.
[La traduzione è di chi scrive]
Bibliografia:
Roger Lambelin, La Sicile, notes et souvenirs, Société de Saint-Augustin, 1894, pp. 94-98
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