Il monumento funerario al pittore Antonio Perdichizzi si trova vicino alla chiesa di Santo Spirito nel cimitero di Sant’Orsola. È stato realizzato nel 1916[1] dallo scultore palermitano Giovanni Nicolini (1872-1956) ed è formato da due parti, la prima con una grande croce greca al centro della quale sono scritti nomi e date di nascita e morte del defunto.
La seconda parte è formata dalla scultura in marmo di Carrara intitolata “La lampada spenta”. L’allegoria rappresenta una giovane donna accovacciata, le gambe piegate e avvolte da un tessuto.
Epigrafe:
ANTONIO PERDICHIZZI / 1837 – 1909

Questa fotografia in bianco e nero fa parte delle collezioni del V&A Museum di Londra. Fu mandata da Nicolini stesso a William Kineton Parkes (1865–1938), scrittore, storico dell’arte et bibliotecario britannico. Lo studioso, molto rinomato per i suoi scritti sulla scultura, aveva mandato negli anni 20 dei questionari (redatti in inglese e francese) a vari scultori chiedendo informazioni sulle loro carriere e fotografie dei loro lavori. Più di 300 scultori da 23 paesi risposero, fra cui l’artista palermitano che gli mandò numerose fotografie delle sue opere ma purtroppo non rispose al questionario. L’intera collezione fu lasciata in eredità da Kineton Parkes al Victoria and Albert Museum nel 1938 e rappresenta uno spaccato estremamente interessante della scultura dell’epoca e delle tecniche utilizzate dagli artisti.
Mentre la descrizione dell’inventario indica il nome dell’opera, non è precisato in quale cimitero di Palermo si trova. Inoltre il piccolo monumento funebre non è stato fotografato in situ ma in uno studio, come lo dimostra lo sfondo nero. Sono 24 le fotografie di sculture di Nicolini presenti nella raccolta del museo londinese, e vi figurano varie tipologie: busti, monumenti commemorativi e opere monumentali. Alcuni sono ripresi nella loro collocazione definitiva, altri fotografati in uno studio.
Antonio (o Antonino, come a volte si trova scritto) Perdichizzi (1837-1909) era un pittore palermitano. Allievo di Andrea D’Antoni e Salvatore Lo Forte, si perfezionò a Firenze e a Napoli, dove studiò con Domenico Morelli. Dipinse quadri di soggetto storico come II caso di Sciacca e numerosi ritratti. A Palermo, il suo dipinto La Traviata è esposto nella Galleria d’Arte Moderna, un quadro ad olio intitolato Devozione popolare per Garibaldi (vedi scheda alla pag. 93 di Garibaldi e i Mille: un’impresa da catalogare) è appeso nel Museo del Risorgimento, mentre Palazzo Comitini custodisce un Ritratto d’uomo.
Non è probabilmente un caso che il pittore sia sepolto vicino alla chiesa di Santo Spirito. Ebbe molto a cuore il restauro dell’edificio al punto di scrivere un articolo il 12 dicembre 1881 sul Giornale di Sicilia per attirare l’attenzione sullo stato di degrado dell’edificio. Nell’articolo invitata a “provvedere a che quella memoria tanto simpatica come opera d’arte, tanto solenne come reliquia storica, venisse accuratamente restaurata” affinché ritornasse al suo antico splendore “in tutta la maestà delle sue forme, in tutta l’armonia delle sue tinte, in tutta la grandezza della sua storia. E là, in quel prospetto, dopo sei secoli di abbandono fate che sorga la più solenne, la più importante di tutte le lapidi dell’isola nostra, che ricordi ai più tardi nipoti come attorno a quelle sacre mura, e forse entro di esse, ebbero luogo i Vespri, e che è quello il suolo donde eruppe fremebondo il grido fatale che piegò nella polvere l’odiato tiranno, e distrusse un popolo di armati, che nell’ebbrezza del potere disconobbe la giustizia”[2].
[1] Kineton Parkes, Sculpture of To Day – Vol. II : Continent of Europe, New York, 1922, p. 205
[2] Oreste Lo Valvo, Il vespro siciliano: guerra di redenzione contro l’aborrita dominazione francese, narrata al popolo italiano, Industrie Riunite Editoriali Siciliane, Palermo 1939, pp. 182-183
Ubicazione: vicino alla chiesa di Santo Spirito nel cimitero di Sant’Orsola
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