Il monumento funerario alla famiglia Ragusa è stato realizzato dallo scultore Benedetto Civiletti nel 1873 nel cimitero di Santa Maria di Gesù. Realizzato in marmo Bardiglio su un basamento più scuro, in pietra di Billiemi, è formato da una grande nicchia con arco semi-circolare affiancato da due scudi italiani (caratterizzato da nove sporgenze, due superiori, quattro laterali e tre inferiori) appesi da un nastro ad un chiodo.
Lo scudo di sinistra reca la lettera S, mentre quello di destra la lettera R. Si tratta delle iniziali di Salvatore Ragusa, il cui busto troneggia al centro della nicchia. Sopra l’arco si incrociano due torce leggermente capovolte – simbolo dello spegnersi della vita – avvolte da lunghi nastri. La trabeazione soprastante è adornata da un susseguirsi di festoni formati da fiori e capsule di papavero e di nastri, con al centro una croce greca iscritta in un cerchio. Le doppie lesene laterali sono ornate da lunghi bracieri, riccamente decorati. Il busto in marmo bianco di Salvatore Ragusa, posto al centro della nicchia, lo rappresenta con una folta barba “a collare”, uno sguardo deciso, vestito con gilet e soprabito. Il basamento del busto reca la scritta seguente: SALVATORE RAGUSA / NATO NEL FEB. 1805 / † NEL MARZO 1876. Una Trinacria, sotto il busto del defunto, è probabilmente un richiamo al nome dell’albergo che dirigeva, l’Hotel Trinacria alla Marina. La sepoltura è interamente recintata da una griglia in ferro battuto.
Salvatore Ragusa, di origine genovese, si trasferisce a Palermo dove apre nel 1844 l’albergo Trinacria, inaugurato in pompa magna in presenza del re di Baviera. Fu considerato a lungo il miglior albergo della città, l’unico con vista mare, e i giornali della seconda metà dell’Ottocento raccontano dei prestigiosi ospiti dell’albergo, dal principe Carlo di Prussia (fratello dell’imperatore) al granduca di Baden, dall’imperatore del Brasile durante un suo soggiorno in incognito a Palermo nel gennaio 1877 ai tanti viaggiatori stranieri intenti a fare il Grand Tour che ne parleranno nelle loro memorie. Qui morirà nel 1852 l’esule Nicolae Balcescu, come viene ricordo da una lapide sulla facciata dell’edificio. L’albergo di cui possiamo leggere una descrizione dettaglia nella Guida di Palermo del 1844 scritta da Salvatore Abbate Migliore sarà quindi per molti anni una destinazione prediletta dai viaggiatori italiani e stranieri fino al declino, dopo la morte di Salvatore Ragusa nel 1876, quando gli subentrò suo figlio Ernesto. Nel 1911 l’albergo cesserà la sua attività e diventerà una residenza privata. Salvatore Ragusa viene anche ricordato per la sua condotta esemplare durante le giornate di Palermo nel 1860, come lo racconta Giuseppe da Forio nel secondo volume della sua Vita di Garibaldi[1] pubblicata nel 1862. Durante i giorni dei bombardamenti l’albergatore diede asilo alle famiglie degli sfollati e accolse diversi ufficiali garibaldini feriti senza chiedere né accettare nessun compenso.
[1] Giuseppe da Forio, Vita di Garibaldi, vol. 2, 1862, pp. 146-147

Ubicazione: cimitero di Santa Maria di Gesù